Retrofitting in architettura: cos'è definizione e pratiche - ISPLORA
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Retrofitting: ragionare sull'avvenire

Territorio

A partire dal nostro nuovo film, Retrofitting Milanese, approfondiamo la tematica delle pratiche volte a riutilizzare l'esistente, per gli edifici e le città

Il nuovo film di Isplora, “Retrofitting  Milanese”, approfondisce due interventi dello studio Park Associati che applicano la pratica del retrofitting in modo diverso a due edifici meneghini esistenti, migliorando le loro prestazioni ambientali e restituendo loro una nuova vita e una nuova funzione.

Cos’è il retrofitting

L’Oxford English Dictionary riporta, come primo significato del termine retrofitting:

Fornire (a qualcosa) un componente o una funzione  non in dotazione in origine; per aggiungere (al componente o alla funzione) qualcosa che non aveva quando è stato costruito per la prima volta

Si tratta quindi di un termine che descrive un’azione di modifica su una macchina (o un apparecchio, un sistema), ai fini di cambiarne elementi e integrarne di nuovi, per ottenerne una versione aggiornata che sia analoga alle nuove produzioni, cercando di soddisfare al contempo le nuove esigenze del mercato e rispondere ai  requisiti normativi e alle necessità emersi successivamente alla produzione e all’immissione sul mercato della stessa. In Italiano quindi, retrofitting può essere tradotto come “aggiornare retroattivamente”, trasformando il materiale di ieri in un valore per il domani, dandogli una nuova vita e implementando nuove funzioni.

In campo architettonico, il termine è utilizzato per identificare una serie di pratiche virtuose legate alla rigenerazione del tessuto edilizio esistente. In questa accezione, il retrofitting pone la sostenibilità, sia energetica che economica, al centro del percorso progettuale, in quanto gli interventi svolti in quest’ottica restituiscono immobili esistenti ripensati e ridisegnati in modo tale da aumentarne il valore di mercato, rielaborandone gli elementi così da rispondere alle esigenze contemporanee di utenti e committenza, sia in termini spaziali che funzionali.



Benché riferendosi all’ambiente costruito il termine venga spesso utilizzato come sinonimo di “refurbishment” e “conversion”, retrofitting è una pratica che va al di là del restauro o della ristrutturazione: si tratta infatti di una metodologia applicabile a ogni scala progettuale, dal singolo edificio al blocco per arrivare poi alla scala urbana del quartiere o della città. Rivitalizzare e recuperare il tessuto costruito in questo modo significa quindi, contribuire al ridisegno delle città e del loro futuro.

Perché retrofitting?

Osserviamo la velocità disarmate a cui stanno mutando caratteristiche e criticità legate al pianeta e ai suoi abitanti: la trasformazione delle nostre città dovrebbe andare di pari passo. Una delle possibili risposte a questo accelerato cambiamento che caratterizza la contemporaneità è il riuso, la scelta di agire e lavorare sul patrimonio edilizio esistente anziché costruire ex-novo. Azioni progettuali oculate, orientate alla sostenibilità energetica, volte a rileggere in termini spaziali e volumetrici l’esistente e a fornire risposte alle esigenze mutate degli utenti e delle proprietà possono quindi rappresentare un antidoto oltremodo sostenibile e ragionevole.

In Italia per esempio il patrimonio costruito risale per lo più agli anni del secondo dopoguerra e del boom economico fino alla fine degli anni ‘70: quasi la metà delle abitazioni del Belpaese sono state realizzate tra il 1946 e il 1980.

Il ciclo di vita di questi edifici perciò è già spesso arrivato a un punto in cui è richiesto un adeguamento sotto più punti di vista: tecnico, spaziale e funzionale. Non solo i nuclei familiari e il modo di vivere lo spazio domestico sono mutati nel corso degli anni, ma anche le normative richiedono oggigiorno standard di performance che i materiali utilizzati al tempo non riescono più a sostenere o raggiungere.

Vi è quindi la necessità di valutare le soluzioni adottate - al tempo anche innovative e adeguate - per capire fino a che punto la loro funzionalità si sia alterata, e se sia necessario sostituirle in favore di sistemi più sostenibili, così da evitare il raggiungimento di uno stato di deterioramento complessivo che minerebbe completamente il recupero dell’edificio stesso più avanti nel tempo.

Il retrofitting Milanese di Park Associati

Il nuovo film di Isplora muove dall’approfondimento di due casi studio: gli edifici de “La Serenissima” e di “Engie”, progettati entrambi dallo studio Park Associati, fondato nel 2000 dagli architetti Filippo Pagliani e Michele Rossi. Gli interventi di Retrofitting su questi due immobili sono molto diversi fra loro ma a modo loro contribuiscono alla ridefinizione di diversi brani di città.

La Serenissima



Il progetto de “La Serenissima” rispetta filologicamente l’edificio esistente di Via Turati, ideato dai fratelli Soncini per Campari, proponendo le facciate vetrate come elemento cardine del percorso progettuale trasformandone però radicalmente i modi d’uso: viene recuperata la corte e rielaborata l’articolazione interna degli spazi di lavoro.

Engie HQ



Se quindi questo ridisegno insiste e mantiene riconoscibile l’identità dell’edificio “nero” esistente, l’intervento di Park associati per gli Headquarters di Engie risulta più pesante in quanto adegua volumi e facciate di un immobile risalente agli anni ‘80 di scarso valore architettonico, diventando uno dei tasselli della trasformazione del quartiere Bicocca. Così i progettisti lavorano sulla composizione volumetrica, mantenendo solo l’ossatura dell’edificio e rompendo la precedente orizzontalità; il risultato finale non solo restituisce spazi flessibili e funzionalmente ri-articolati ma offre anche un risultato altamente performante secondo le richieste della committenza. 

Retrofitting per riattivare lo spazio urbano

A livello urbano retrofitting  assume connotati più estesi e, se vogliamo, esaurienti: ragionare sull’avvenire delle città nel loro insieme è diventata una componente sempre più essenziale e imprescindibile per i professionisti del settore. Se si parla sempre di più di “smart city” e di sostenibilità a scala urbana, integrare un sistema metodologico che strutturi i processi decisionali legati allo spazio urbano per impiantare prospettive a lungo termine contribuirebbe a proiettare la progettazione (sostenibile) verso il futuro.

In questi termini molte città stanno cercando, a livello urbano, di impostare un sistema metodologico che strutturi i processi decisionali legati allo spazio urbano e includa considerazioni e prospettive con uno sguardo a lungo termine. Alcuni esempi di queste pratiche sono programmi di ricerca accademica, come l’EPSRC Retrofit 2050, l’Oxford Flexible Cities (Future of Cities) Programme o il programma di ricerca quadriennale Visions and Pathways 2040 (VP2040), promosso dall’Australian Cooperative Research Center for Low Carbon Living (CRC LCL) e che vedeva coinvolte tre università Australiane insieme a partner sia istituzionali che industriali.

In Italia, a Milano e Sassuolo, uno dei più interessanti passi in questo senso è mosso dal 2008 dall’associazione temporiuso.net, che porta avanti un lavoro di ricerca atto a mappare gli spazi vuoti, in abbandono e sottoutilizzati di proprietà pubblica o privata con lo scopo di poterli riattivare - temporaneamente - per mezzo di progetti culturali di associazioni ed enti, in collaborazione con la Pubblica Amministrazione.

Pensare al futuro delle nostre città significa quindi oggi comprendere anche il processo di retrofitting a scala urbana, passaggio che richiede in sé lo sviluppo di una prospettiva teorica strutturata e integrata rispetto all’innovazione dei sistemi urbani a lungo termine



Per approfondire

Retrofitting Cities for Tomorrow's World, edited by Malcolm Eames, et al., John Wiley & Sons, Incorporated, 2017.

Se vuoi conoscere meglio i progetti qui descritti e le pratiche di Retrofitting guarda ora il film "Retrofitting Milanese", valevole 1 CFP CNAPPC

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