Il programma della capitale europea della cultura: laboratorio per generare cittadinanza e innovazione culturale.
Il 19 gennaio la cerimonia di inaugurazione di “Matera capitale delle cultura europea 2019” ha sancito l’inizio di un anno speciale per la Città dei Sassi, il frutto di un progetto culturale lungo e articolato, basato sulla messa al centro dei cittadini, degli abitanti di Matera. “Open future” è il titolo della candidatura europea e dell’anno che verrà, un progetto che si fonda sull’obiettivo di costruire il “contemporaneo” della città lucana e di dare un contributo per il futuro di tutto il Paese, attraverso una dimensione universale e non solo più locale.
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo intervento a chiusura dell’inaugurazione ha affermato: “La cultura costituisce il tessuto connettivo della civiltà europea. Non cultura di pochi, non cultura che marca diseguaglianza dei saperi – e dunque delle opportunità – ma cultura che include, che genera solidarietà; e che muove dai luoghi, dalle radici storiche”.
Il Direttore di Matera 2019, Paolo Verri, in una recente intervista del Giornale dell’Architettura ha detto: “Matera ha 63.000 abitanti, la Basilicata 430.000: tutto quello che succede non può essere paragonabile agli eventi di città come Berlino o Londra. Quello che ci interessa è fare arrivare questa città in anticipo sui tempi. Credo che una delle scelte più riuscite, che si ripeterà in tutta la Basilicata, è quella di de-istituzionalizzare la cultura e fare in modo che essa esca dai luoghi deputati”.
Il centro si sposta dalla città ai cittadini, in un ambizioso programma che vede coinvolti gli abitanti in un processo dove diventa fondamentale la capacità di fare rete e il tema della partecipazione. Un tema che, secondo il direttore, “è valido se biunivoco: da un lato chi se ne occupa deve mettere in moto un dispositivo di apertura e chi partecipa dev’essere consapevole di farlo. Io raffiguro un po’ dantescamente, sulla base della tradizione dello stilnovo, un avvicendamento di dialogo amoroso, come del resto diceva Roland Barthes, fra chi progetta e chi accoglie”.
Verri nella sua lunga carriera è stato direttore del “Salone Internazionale del Libro di Torino”, coordinatore del piano strategico e del progetto per i 150° dell’Unità d’Italia a Torino, oltre ad aver ricoperto altri importanti incarichi per le Olimpiadi Invernali del 2006 e per Expo Milano 2015. La proposta di Matera 2019: un modello di “cultura generativa” La proposta verte sulla creazione di un laboratorio, un luogo di sperimentazione diverso da quello delle grandi realtà urbane, che utilizza una forma di “cultura generativa”, costituita da tanti piccoli elementi che propongono e riproducono cultura. Il modello muove dalla rimozione delle barriere di accesso alla cultura per arrivare ad una produzione culturale diffusa, orizzontale, partecipata, dove la cultura si può, anzi, si deve “hackerare”, prendendola e generandone di nuova.
Matera 2019 e i suoi abitanti: un passato di vergogna e un futuro aperto
Uno schema ha obiettivi di sostenibilità sia culturali che economici. Matera “Open future” è questo, senza però dimenticare o nascondere il passato che aveva reso tristemente celebre la Città dei Sassi nel secondo dopoguerra per le condizioni di povertà e miseria. Basti ricordare la parole di Carlo Levi nel celeberrimo Cristo si è fermato ad Eboli (1945) a proposito di Matera: "Dentro quei buchi neri dalle pareti di terra vedevo i letti, le misere suppellettili, i cenci stesi. Sul pavimento erano sdraiati i cani, le pecore, le capre, i maiali. Ogni famiglia ha in genere una sola di quelle grotte per abitazione e ci dormono tutti insieme, uomini, donne, bambini, bestie... Di bambini ce n'era un'infinità... nudi o coperti di stracci”.
Quelle che erano delle “vergogne” per tutto un territorio, stimmate di una “crumbling city” (letteralmente “una città che va in rovina”), diventano il centro dei progetti che ruoteranno attorno alla programmazione della nuova capitale europea della cultura, insieme ad un vasto calendario di eventi, festival e installazioni. Come ricordato dal direttore artistico, l’architetto francese Joseph Grima, si tratta di un “percorso ciclico che inizia da un’approfondita analisi del passato e del futuro (Futuro Remoto), per terminare con una riflessione sulle opportunità uniche e le sfide che il momento attuale ci propone (Riflessioni e Connessioni), dove “ciascun progetto è strutturato in maniera tale da coprire tre dimensioni: quella locale, che include Matera, Potenza e il resto della Basilicata; quella meridionale, che abbraccia la scena culturale del Meridione d’Italia; e quella europea, che coinvolge operatori culturali su scala paneuropea.”
Nel programma vi sono, poi, due pilastri costituiti dall’Istituto Demo-Etno-Antropologico (I-DEA) e dall’Open Design School (ODS). Nel primo caso l’intento è quello di mettere in rete (letteralmente e metaforicamente) gli innumerevoli archivi della Basilicata in un sapere unico utile a fornire una mappa culturale per il lavoro di ricerca di insegnanti, studenti, artisti, accademici, imprenditori e policy makers. Il secondo progetto, l’Open Design School, rappresenterà la prima scuola di design in Europa a fondarsi sui principi dell’open culture, un luogo dove designer, artigiani, studenti trasformeranno Matera in una piattaforma di innovazione nell’ambito dell’arte, della scienza e della tecnologia.
Lungo questa prospettiva Matera 2019 sembra non solo rappresentare un’opportunità di miglioramento delle infrastrutture culturali, ma un progetto in cui l’intento è quello di attingere alla storia millenaria della città e alla sua unicità per riproporre le istituzioni culturali secondo nuovi modelli di pensiero, proporre nuove idee riguardo la cittadinanza culturale e avviare un necessario dibattito con istituzioni, network e città.