The Corner o il tema d'angolo - ISPLORA
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The Corner o il tema d'angolo

Progetti

Storie di simboli e percezioni, implicazioni e prospettive, a partire dal progetto dell’Atelier(s) Femia

Il tema d’angolo ha da sempre rappresentato nell’architettura un tema fondamentale, o meglio “un problema”, che come tale richiedeva una risposta, sia fisica che concettuale.

Punto critico che nel tempo ha visto sovrapporsi diverse “risoluzioni”, metodi e maniere, lavorando per moduli, intersezioni ed eccezioni, facendo uso della geometria e della decorazione.

The Corner, il progetto dell’Atelier(s) Femia si colloca lungo questo solco, seguendo una traiettoria lungo la storia, attraversando implicazioni spaziali e sociali, costruttive e politiche. Partire da questo progetto, dal contesto in cui si colloca e dai temi evocati, per riannodare il filo di una questione compositiva e simbolica, attorno all’angolo.



L’angolo: dall’Acropoli all’architettura contemporanea

Definire i contorni di questo percorso a ritroso significa salire sull’Acropoli e osservare attraverso un angolo di 45° le architetture, percependo lo spazio tramite una diagonale simbolica e gerarchica.
Emerge, al tempo stesso, una soluzione tettonica che ordina un preciso posizionamento, edifici posti non frontalmente ma lungo una prospettiva “accidentale”, alla base del “conflitto” dell’ordine dorico.
Basilare, nell’antichità, era il ruolo dell’osservatore, il rapporto tra spettatore ed edificio, una percezione che andò trasformandosi nelle architetture romane dove il rapporto con i manufatti da diagonale è diventato frontale.



Se lo spazio greco lavorava sull’angolo esterno, con il Rinascimento l’attenzione si è spostata all’interno, nei chiostri e nei palazzi. Così Raffaello nella Cappella Chigi piegava le paraste a libro per collegare i lati solidi dell’edificio, mentre Luciano Laurana – negli angoli del cortile di Palazzo Ducale a Urbino – raddoppiava l’ultima colonna con una lesena inventava un “pilastro di transizione”. Nuovi dispositivi compositivi come la griglia inventata dal Bramante per il chiostro di Santa Maria della Pace o “la concentrazione” negli angoli di Palazzo Chiericati, dove Palladio nel porticato posizionava le colonne a 45° e avvicinava le due adiacenti.



Un procedere che nel tempo ha visto sempre di più complessificarsi le soluzioni, le percezioni e le intenzioni. Città, architetture e spazi pubblici cambiavano come i loro abitanti, nuovi valori e istanze prendevano piede: la proprietà e la mobilità portavano a nuove soluzioni d’angolo, figlie di un tempo diverso. Monumenti e segni che si affastellano nei vicoli delle città storiche, segnando gli angoli come nel caso della Genova raccontata nelle “Pictures from Italy” da Dickens, dove le edicole votive – poste sugli angoli – erano sia simboli che elementi di orientamento nella città.

Diverse scale e implicazioni, che trovarono nel Movimento Moderno nuove forme e significati per l’angolo: partendo dalle proporzioni razionaliste del “mezzo cubo” di Terragni per la Casa del Fascio sino all’esplosione della scatola operata da Wright nella Fallingwater o al suo essere completamente nascosta, come nella casa di Bob Venturi per la madre Vanna.



Spogliato delle antiche valenze oggi l’angolo porta a nuove riflessioni e concetti: strategia – come nel caso di Rem Koolhaas per la Kunsthal – o continuità, nel “recinto” delle terme di Vals di Zumthor e nelle realizzazioni di Alvaro Siza, permeabilità e dialogo nelle architetture di Herzog e De Meuron.

The Corner: il progetto, il patrimonio e l’identità 

Dialogo che è alla base del progetto di The Corner dell’Atelier(s) Femia, rapporto con un contesto in trasformazione – quello di Milano, dell’area di Porta Nuova –, con i vincoli e le sfide, con le istanze della popolazione e con le memorie di una città.
Sull’angolo tra via Gioia e Viale Liberazione, il progetto muove dalla riconversione della preesistenza, ripensandone rapporti ed equilibri, con l’obbiettivo di ridare valore al patrimonio e affermare una nuova identità dell’edificio.

Una percezione diversa – esterno e interno – per mezzo di tre facciate che nella loro difformità presentano altrettanti racconti e soluzioni, riflessioni e azioni pratiche, necessità e – forse – una possibile metamorfosi.




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