I rilievi del paesaggio romagnolo guidano l’accesso al Powerbarn, il nuovo polo di energia da fonti rinnovabili dello studio Giovanni Vaccarini Architetti a Russi (Ravenna, Italia), in un esempio di convivenza tra la produzione industriale e quella agricola.
L’architettura della grande fornace domina la distesa agricola del panorama di Ravenna e traduce in materia il processo di conversione di quella che, un tempo, era l’ex area industriale di proprietà dell’Eridania, una delle principali aziende di produzione di zucchero nella storia del mercato agroalimentare italiano. In seguito all’interruzione della lavorazione dello zucchero - che storicamente avveniva in questo sito -, i circa 280.000 metri quadrati sono stati oggetto di un lungo dibattito pubblico, un dibattito volto alla ricerca di una proposta programmatica in grado di rispettare gli standard ambientali regionali e di adattarsi al meglio all’interno del contesto territoriale.
L’area, da tempo sottratta alla comunità locale a causa della forte presenza industriale al suo interno, è stata integralmente riconvertita ed ospita, ora, un progetto innovativo che si interroga sulla qualità della produzione energetica oltre che sulla questione formale. Oggi impianto di produzione di bioenergia, il Powerbarn si inserisce, infatti, in un nuovo filone con l’obiettivo di fornire elettricità da fonti rinnovabili in stretto rapporto con il territorio limitrofo. Nonostante questo ambito sia in continuo sviluppo e crescita, il nuovo polo produttivo costituisce – sul panorama italiano – uno dei casi più interessanti di rigenerazione industriale in termini di “clean energy”. Sono infatti numerosi i progetti dello studio Giovanni Vaccarini Architetti che esplorano il tema della mitigazione ambientale, sia sul piano nazionale che internazionale.
Un genius loci tra due realtà
La massa imponente del progetto si erge al confine con il fiume Lamone, ai margini di un’ampia terra agricola solcata dalle tracce di una linea ferroviaria che conduce a Ravenna. Un luogo segnato da un intenso passato duale, al contempo industriale ed agricolo. Un brano di territorio il cui genius loci è conteso tra due realtà apparentemente opposte. Eppure, oggi, il nuovo polo produttivo è il risultato del connubio di queste due realtà.
L’involucro compositivo, costituito da una pelle mimetica scomposta in frammenti lignei, è pensato – contemporaneamente - in contrasto geometrico con la dolcezza delle curve del paesaggio ed in simbiosi materica con l’elemento vegetale, scrivendo un nuovo linguaggio. Un linguaggio in cui architettura e produzione agricola, architettura e produzione energetica trovano una sintassi comune e condivisa. Un linguaggio rigido, solido, a tratti enigmatico, capace di trascendere la convenzionale distinzione tra l’ambiente urbano e quello rurale, svelandone il legame intrinseco.
"L'intero progetto inizia con la progettazione dei suoi bordi", racconta Giovanni Vaccarini, spiegando come il disegno del paesaggio circostante è stato fondamentale nella ridefinizione dell’integrazione dell’oggetto all’interno del suo territorio. Con un’altezza variabile compresa tra i tre e i dieci metri, i dolci rilievi che costituiscono il perimetro dell’area e definiscono lo spazio di transizione tra il polo produttivo e il suo contesto. Accessibile dalla mobilità lenta – pedoni e ciclisti –, il bordo di questo spazio è pensato come un terrapieno naturale in grado da regolare il rapporto tra l’interno del Powerbarn ed il suo esterno definendo una linea continua, una narrazione senza interruzioni.