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H-Farm: una sfida ambiziosa

Progetti

H-FARM CAMPUS, Zanon Architetti Associati, è un progetto ambizioso: un campus di alta formazione all’interno della campagna trevigiana in un luogo singolare e al tempo stesso internazionale grazie alla vicinanza all’aeroporto di Venezia.

L’idea di progetto

La sfida lanciata da H-FARM prevede la costruzione di edifici per l’educazione, in un ambito di 30 ettari lungo il fiume Sile, adiacente agli Headquarters della società promotrice, con lo scopo di formare giovani e giovanissimi fondendo il sistema della scuola internazionale e l’uso delle tecnologie al servizio dell’apprendimento. Il progetto, nato come evoluzione dei principi che hanno caratterizzato la nascita di H-FARM, rappresenta l’inserimento in un territorio rurale di un’attività agli antipodi di quella autoctona in spazi costruiti nel rispetto del luogo.




Gli edifici si sviluppano su un massimo di due piani rispettando le geometrie del contesto e impedendo l’innalzamento di barriere fisiche che vanno ad interrompere la visione complessiva della campagna circostante come sperimentazione dei principi di una nuova ruralità. L’impianto ambisce inoltre a mantenere delle porzioni di terreno ad uso agricolo, ad inserire grandi parati con macchie boschive localizzate e a riportare le biodiversità proprie del luogo all’interno del progetto paesaggistico.

Il paesaggio ha guidato l’architettura e le scelte tecniche, non viceversa. 

Il progetto vive così del reciproco scambio tra ambiente e vita umana, in una simbiosi legata ad un immaginario di ricostruzione del rapporto apparentemente compromesso tra naturalità e antropizzazione; una chiave di lettura romantica consapevole della necessità della sua rielaborazione e attualizzazione. Non con l’intento di ricostituire nostalgicamente condizioni inattuali, quanto di procedere verso nuove sperimentazioni, con aumentata consapevolezza, tramite soluzioni tecnologicamente e costruttivamente innovative finalizzate a generare un nuovo paesaggio.



Il progetto architettonico

Il progetto H-FARM CAMPUS si sviluppa su un’area di trenta ettari adiacente alla sede centrale di H-FARM, generando un continuum fisico ed una coerente espansione di attività innovative, le quali possono qui riuscire a costituirsi come “massa critica”, conseguendo una maggiore efficacia non solo dal punto di vista architettonico e gestionale, ma soprattutto da quello relazionale tra attività e persone.

Il nuovo intervento si pone in continuità con i nuclei esistenti, impiegando volumetria in parte ricavata dalla demolizione di fabbricati non rilevanti sul piano storico-architettonico (tra cui alcune costruzioni ad uso militare), con l’obiettivo di proporre un intervento a “cubatura zero”. Il progetto strategico di interesse regionale per processo e caratura mira quindi a concentrare in un unico luogo la cubatura ricavata dagli edifici demoliti che oggi tornano ad essere parte attiva della vegetazione, dunque restituiti alla campagna.



Il masterplan prevede la realizzazione di otto edifici, oltre ad alcuni volumi di servizio. Il punto di accesso al campus avviene attraverso l’accoglienza (F), un volume ad un piano caratterizzato da una copertura a falde sporgente, posto poco oltre l’intersezione tra il rinnovato tracciato di via Annia (archeologia storica del luogo) e i percorsi provenienti dal parcheggio pubblico. Superato questo punto di accesso la viabilità interna si suddivide secondo percorsi carrabili alternativi, rispettivamente un anello circolatorio esterno ed uno (parzialmente coincidente) più interno. Fatta salva la possibile circolazione in entrambi i sensi in caso di emergenza, la viabilità quotidiana (manutenzioni di servizio, smaltimento rifiuti e viabilità elettrica interna) viene mantenuta a senso unico e costretta ad una ridotta velocità di percorrenza. Tutti i percorsi interni sono infatti in primo luogo percorsi principalmente pedonali. La stessa sezione stradale è di larghezza minima, in modo da costringere i conducenti di veicoli ad una condotta prudente.

Entro la fascia posta tra l’anello centrale e quello secondario, posto più a nord, trovano spazio tre degli edifici scolastici: un edificio dedicato alla scuola primaria (A), uno alla formazione secondaria (B), uno ai corsi di livello universitario (C). Questi tre edifici si susseguono come a rappresentare le fasi cronologiche e formative che gli studenti si troveranno ad affrontare: la scuola come un percorso di cui si riconosce il tragitto, si contempla il passato e si intravede il futuro, dove chi è davanti possa far da esempio a chi segue. Gli edifici si traguardano l’un l’altro, ma tra di essi trova spazio la natura, l’ambiente. I bacini di laminazione, perimetrati da lievi declini in modo da essere facilmente accessibili e piantumati a macchia boscata, si stagliano a separare ed unire al contempo l’architettura. Il tempo richiesto per camminare da un edificio all’altro è il tempo della pausa, della maturazione, della crescita.

Se il percorso est-ovest rappresenta un processo di sviluppo, gli assi nord-sud coinvolgono la relazione con l’altro: verso nord si apre la pianura agricola, apparentemente estesa fino alle montagne; verso sud, altri edifici rappresentano il complesso rapporto con le relazioni sociali ed il ruolo dell’individuo. Nel punto di incontro tra anello interno ed esterno, in prossimità al confine ovest dell’area, oltre che al nucleo esistente di H-FARM, trova spazio un complesso composto da due fabbricati a destinazione direzionale (D). Da un lato posto a naturale proseguimento del percorso formativo, dall’altro come ponte verso una realtà aziendale, quale quella di H-FARM, fondata sulla continua innovazione nell’applicazione del sapere con l'utilizzo “consapevole” delle nuove tecnologie. Proseguendo verso est, separato da un’ulteriore area a verde, si incontra lo studentato (E), composto da due fabbricati destinati ad alloggi per studenti e ad un edificio-serra contenente servizi per la ristorazione e la lavanderia comune. Poco oltre il cerchio si chiude con gli impianti sportivi (H), all’interno o a cielo aperto.

Al centro di questo anello un edificio polifunzionale (G) progettato con lo studio Rogers Stirk Harbour, nucleo di riferimento per le maggiori attività collettive quali conferenze, biblioteca, ristorazione, tempo libero, diviene ponte panoramico dal quale osservare tutto il campus e collegamento fisico tra le sue parti.



L’alternanza tra costruito, macchie boscate più o meno compatte, prati verdi e corridoi agricoli contribuisce da un lato alla continua percezione di un senso di ritmo (tra spazi aperti e chiusi, tra costruito e verde, tra artificio e natura), dall’altro alla formazione di un’idea di unità, di comunità, di coerenza tra progetto ed esistente.

Gli edifici sono caratterizzati da uno sviluppo planimetrico semplice e chiaro capace di assecondare gli specifici programmi funzionali e distributivi, facendo della rigidità della normativa (soprattutto quella scolastica) punti di forza dai quali sviluppare le tematiche alla base di ogni edificio. I materiali impiegati, le finiture, le cromie e le soluzioni tecnologiche si ripetono declinandosi in ogni volume al fine di una coerente immagine di insieme.

Lo sviluppo altimetrico limitato ad uno o due piani fuori terra ha inoltre concesso di mantenere percettivamente la secondarietà del costruito rispetto al contesto paesaggistico.

Scopo principale del progetto è una completa integrazione tra architettura e paesaggio: gli edifici infatti sono studiati per essere incubatori di programmi funzionali in evoluzione senza alcuna velleità a divenire architetture iconiche in contrasto con l’habitat in cui si inseriscono perseguendo una neoruralità e i suoi principi.

L’accurato studio del verde e la sua integrazione attorno, dentro e sopra al costruito ha agevolato il perseguimento di obiettivi di sostenibilità (consumi energetici, comfort interno ed esterno, ecc.) altrimenti non raggiungibili. L’attenzione al benessere degli spazi interni, inteso sotto tutti i punti di vista (termoigrometrico, acustico, illuminotecnico, visivo) ha comportato la definizione di impianti che rispondano efficacemente alle esigenze degli utenti al variare delle condizioni esterne e delle attività svolte all’interno degli spazi occupati, ottimizzando nel contempo i consumi energetici di esercizio.



Le facciate vetrate consentono l’accesso della luce naturale negli spazi occupati, opportunamente integrata con sistemi di illuminazione artificiale, e la possibilità di creare continuità visiva e fisica tra ambiente esterno e interno, costruendo quindi le migliori condizioni psicofisiche per la fruizione degli spazi. Il generale impiego di ampie superfici vetrate permette agli utenti di affacciarsi sul paesaggio, soprattutto nel caso degli edifici denominati “serre”, fulcro di attività comuni e socializzazione, dove le pareti vetrate a tutt’altezza regalano un’esperienza immersiva rispetto al verde circostante.

Il disegno del paesaggio

Il tema del paesaggio acquista significato sia come sistema connettivo che strutturale dell’intervento. Il disegno degli spazi costitutivi e l’alternanza tra costruito e non costruito caratterizza l’inserimento delle opere, nella riproposizione di segni e ritmi tipici del territorio rurale limitrofo.

Un intervento che, traendo ispirazione dal contesto rurale tradizionale, e in particolare alla sua riduzione ad una sorta di abaco di elementi semplici quali linee rette (siepi, filari, viali), volumi pieni (boschetti, broli), spazi aperti (prati, orti, coltivazioni), dossi e avvallamenti (argini, fossi, bacini), conduca alla formazione di un nuovo paesaggio, memore del passato, ma rappresentativo dell’attuale sensibilità e consapevolezza sociale in tema di ambiente e sostenibilità. 

In primis si è intersecata l’area di intervento con il contesto paesaggistico circostante, un ambiente assoggettato all’agricoltura, dove rade macchie boschive interrompono l’andamento monotono delle coltivazioni intensive. Da qui il tentativo di eliminare idealmente i confini perimetrali, facendo “scivolare” al suo interno lembi rettilinei di territorio agricolo, quasi fossero il risultato di preesistenze persistenti.

In secondo luogo si sono introdotte macchie boscate di forma quadrangolare, quali elementi di ripristino di quella biodiversità paesaggistica e colturale che l’agricoltura industriale aveva da tempo sottratto, oltre che utili per le loro valenze energetiche e microclimatiche, nella creazione di condizioni ottimali che avessero un effetto positivo sia ai fini del benessere psicofisico degli utenti, che di una più efficiente gestione energetica degli edifici: la presenza vegetativa ha infatti un’azione diretta sui moti dell’aria e sull’intensità della radiazione solare regolando temperatura e umidità dell’aria. L’integrazione tra piante ed edifici innesca una serie di meccanismi che ottimizzano l’efficienza dell’involucro edilizio.

Il collegamento tra i due principali habitat, il corridoio agricolo e la macchia boscata, è lasciato ad una quantità di elementi in continua alternanza, alcune volte a sottolineare alcuni elementi ordinatori (filari, siepi, fossati), altre a comporre un quadro complessivo di grande varietà paesaggistica: dal corridoio agricolo bordato di pioppi italici si passa a bordure fiorite inframmezzate da alberature a piccoli gruppi; dense macchie boscate si aprono inaspettatamente verso prati aperti, dove lo sguardo può arrivare all’orizzonte; rampicanti e arbusti si accostano e a volte risalgono le pareti del costruito; piccole nicchie ecologiche si alternano ad ampi bacini di laminazione, dove la vegetazione igrofila prende il sopravvento. Viene a costituirsi una sorta di gradiente uomo-natura: un paesaggio per i fruitori in prossimità agli edifici che sfuma sempre più verso l’arricchimento della biodiversità.



I valori fondanti dell’iniziativa nonché l’estensione territoriale prevista per la realizzazione della stessa permettono il porsi obiettivi rilevanti ed innovativi anche in campo di sistemazione ambientale e progettazione del verde, in cui saranno immersi i volumi architettonici, le reti tecniche e tecnologiche.

L’analisi storica ha permesso di delineare le tappe evolutive dell’area negli ultimi tre millenni, individuando come col trascorrere del tempo la presenza dell’uomo abbia profondamente modificato il territorio. Nell’area di intervento sono stratificati almeno cinque macro livelli storici che più o meno palesemente sono forieri di vestigia del passato: la Silva Fetontea, la centuriazione romana, l’epoca dell’abbandono medioevale, la rinascita e il governo della Serenissima, la bonifica recente.

L’obiettivo fondante è rappresentato dalla volontà di ripercorre a ritroso queste tappe, connettendole tra loro e valorizzando per ciascuna di esse gli aspetti preponderanti in luoghi significativi a seconda della loro funzione, evitando al contempo scelte dettate da effimeri parametri estetici.

Un tentativo di cogliere il genius loci, rapportandolo alle necessità della società attuale. Perché, nonostante sia inevitabile che l’agire dell’uomo modifichi l’ambiente che lo circonda, diverso è l’approccio tra l’imporre modelli estranei dove si sia fatta terra bruciata e lo stare in ascolto, il ri-trovare il proprio spazio, il riannodare le trame che quei luoghi avevano creato.



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Credits

  • Fonte: Media kit ZAA Zanon Architetti Associati
  • Fotografie: Marco Zanta e Archivio H-Farm

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