EFFEKT: i progetti a protezione del paesaggio - ISPLORA
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Paesaggi da ricucire

Progetti

Apparentemente opposti, due progetti si generano attraverso una matrice comune, una tensione, un obiettivo ed un metodo condivisi, con attenzione al riuso e alla valorizzazione delle risorse esistenti, dal paesaggio naturale a quello industriale.

0.09%. Non una percentuale, non un numero: una foresta. La foresta danese, in rapporto al totale delle aree boschive d’Europa. Nonostante oltre 70 milioni di turisti, viaggiatori e conoscitori ogni anno scelgano di immergersi nel paesaggio naturale danese, preferendolo alle coste frastagliate dei mari nordici – che definiscono da sole il 13% dell’intera costa europea – le foreste non rappresentano che un’infinitesima porzione di landa, di terra danese.



Accanto a questo dato, la consapevolezza di un territorio antropizzato – a scala locale e globale. Un territorio segnato dall’azione produttiva, agricola ed industriale e dalla sua progressiva e continua ridiscussione, trasformazione e, talvolta, dismissione, con il mutare di esigenze, pratiche e tecnologie; un territorio distante dalla tradizionale (obsoleta?) distinzione tra rurale e urbano, otium e negotium, conforme ad una definizione meno rigida, meno totalitaria, meno assolutistica, per cui la presenza antropica utilizza da tempo gli stessi strumenti, dalla città alla campagna; un territorio proiettato verso un futuro in cui il ruolo ed il rispetto per l’ambiente assumono un peso specifico diverso, consistente, inteso in una dimensione più ampia capace comprenderne la fisicità, insieme alle componenti naturali, climatiche, culturali, sociali ed economiche.

In questo quadro conoscitivo si sviluppano due progetti dello studio danese EFFEKT, fondato a Copenhagen nel 2007 da Hesselberg Foged e Sinus Lynge, nel tentativo di affrontare con consapevolezza alcune questioni emergenti: la protezione e valorizzazione del paesaggio e, contemporaneamente, il riuso del costruito esistente. Sebbene le due proposte prendano forma in contesti differenti, il denominatore comune è un’attenzione sensibile nei confronti delle risorse esistenti, dal suolo al costruito. 



Camp Adventure si pone come un percorso conoscitivo, la resa accessibile ad un patrimonio fondamentale, la risposta ad una domanda pragmatica attraverso la traccia di una linea nel paesaggio, una linea verso il paesaggio: come preservare una foresta protetta e contemporaneamente renderla fruibile al publico?
Un’azione di educazione e sensibilizzazione, di rimessa a sistema, di ricucitura dei brani vegetali, paesaggistici e morfologici del territorio danese.
Gisselfeld Klosters Skove, un'ora a sud di Copenaghen, è un archivio naturalistico di biotipi differenti, laghi ed insenature. Il progetto attraversa le varietà della flora percorrendo le aree più giovani e più antiche della grande massa arborea, riducendo al minimo il proprio impatto. Una passerella lunga un chilometro, collegata ad una torre di osservazione alta 45 metri, si rende accessibile a tutte le utenze, indipendentemente dalle condizioni fisiche e motorie, senza soluzione di continuità, con una rampa rivolta ad una prospettiva del tutto nuova sul panorama pianeggiante.
Un progetto inclusivo e responsabile, oltre che interattivo e ludico; una tensione verso la conoscenza e la divulgazione della bellezza del territorio, con l’obiettivo di enunciare l’essenza della stagionalità, del trascorrere del tempo e del suo effetto sulla natura e sull’uomo; un’economia circolare, di rimessa a sistema di valori, principi e conoscenze; un percorso delicato e consapevole, oltre che di osservazione e ricongiunzione con il paesaggio.



Parallelamente, un’ex fabbrica di mulini a vento, una delle tipologie industriali più costruite tra gli anni ’60 e ’70 sul territorio suburbano nord-europeo, è oggi riconvertita. Lo scheletro di un edificio tipicamente realizzato con pannelli prefabbriati in cemento o acciaio ondulato è l’avanzo industriale giunto, ad oggi, senza attribuzione di valori alcuni, né storici, né architettonici, né culturali. 
Il progetto per Game Streetmekka a Viborg tenta di rispondere ad una domanda ben precisa: come si può convertire, riutilizzare e riprogrammare qualitativamente una tipologia di edificio generalmente introversa ed anonima?
Un paesaggio urbano coperto, aperto verso l’esterno: la proposta porta lo spazio della strada al suo interno, in un continuum con il contesto urbano adiacente, come se la città entrasse liquidamente nello spazio della fabbrica. In questo modo, la dimensione dell’urbano riesce a ricongiungersi con l’elemento costruito, finora dismesso, permettendone una nuova fruizione, riconsegnandolo alla comunità.



Il programma funzionale, riconnesso con il percorso principale della città, permette l’inserimento di nuove funzioni dinamiche e vibranti. Dal parkour allo skate, dal basket alla danza, attraverso atelier d’artisti e studi di animazione, fino ad arrivare a laboratori di registrazione e sale di produzione di musica. Una promenade di divertissement, un percorso sperimentale, un itinerario disegnato strategicamente, in cui gli ambienti di ritrovo si intrecciano e distribuiscono tra i grandi pilastri in calcestruzzo armato, coperti e protetti da ampie campate strutturali.
La pelle esterna che l’avvolge, traslucida e performante, conferisce una nuova immagine, una nuova leggerezza: l’idea che il passato industriale sia profondamente integrato in un nuovo modus operandi, in cui il riuso e la rifunzionalizzazione divengono azioni responsabili; l’idea che lo scheletro di un edificio dismesso possa considerarsi come un’opportunità, un punto di partenza, un elemento cardine per la rigenerazione coerente degli “scarti” dell’industrializzazione visti, ora, come risorsa; che lo spazio interno sia pronto ad accogliere, ad aprirsi, ad ospitare nuovamente oggetti, pratiche, persone.







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