Casa no Gerês è una linea che spezza le curve del rilievo montuoso su cui è aggrappata. Con uno slancio netto, l’abitazione inquadra il paesaggio ai bordi del Parque Nacional Peneda-Gerês, a Caniçada Vieira do Minho in Portogallo.
Immersa nella vegetazione rigogliosa, in equilibrio sulle curve di un rilievo che si tuffa dolcemente nelle acque del fiume Cávado, una finestra fa capolino tra le cime delle conifere. Una finestra sul paesaggio, una finestra che narra storie di un mondo naturale che varia la sua immagine con il variare delle ore del giorno, dei mesi, delle stagioni. Una finestra che inquadra sempre lo stesso punto e lo ritrae in metamorfosi, come un quadro di Cézanne che rintraccia il tempo nei colori densi dei suoi dipinti, rivolti sempre verso mont Sainte-Victoire. La finestra di una casa.
Casa no Gerês è un gioiello progettato da Correia/Ragazzi Arquitectos, uno studio portoghese che nasce a Porto nel 2005, fondato da Garça Correia e Roberto Ragazzi. La rigidità e la purezza del suo volume si riflettono nella distribuzione lineare degli ambienti domestici. La ricerca della qualità materica risiede nella sintesi, nella capacità di scelta. Pochi materiali accostati sapientemente.
La linea tracciata nel terreno è netta: l’abitare si spinge in aggetto verso il mondo. Si slancia, audace.
In sezione, il volume si assottiglia lungo l’aggetto. Un volume unitario, rigido, entro cui gli ambienti si susseguono quasi come in un’enfilade barocca. La grande apertura è il climax, ma la distribuzione planimetrica gioca sulla sua negazione, impedendo la creazione di un cannocchiale visivo fin dall'ingresso: è quasi ironico, di un'ironia sottile. Un’unica stanza si affaccia sulle acque blu guardando attraverso quella finestra: la zona giorno.
Il paesaggio come quinta scenica
Lo studio affronta in maniera interessante il tema dell’abitare nel paesaggio. Non vi è una ricerca spinta verso l’integrazione materica o percettiva dell’oggetto all’interno del territorio, quanto più una messa in valore del territorio stesso attraverso la sua geometria rigida, il suo slancio – quasi drammatico – verso di esso. Eppure, l’apparente dissonanza tra la rigidità del volume domestico e la dolcezza del pendio che lo ospita diviene immediatamente assonanza: la ricerca – a tratti premurosa – di un dialogo tra l’interno e l’esterno si fa da elemento guida.
Il prospetto, inteso come limite o soglia - a tratti muto, a tratti trasparente - regola il dialogo interno-esterno, divenendo il filtro tra architettura e natura. La façade richiama una sensazione di ruvidità, di compattezza. Di massa interrotta a tratti da ampie bucature, cornici di un abitare domestico che rivolge la propria intimità verso il bosco circostante. Ogni ambiente, infatti, comunica con l'esterno in maniera simbiotica, come se lo spazio vegetale della foresta in cui è immerso fosse una quinta scenica imprescindibile. Come se facesse parte dell'interno, come se la presenza del vetro fosse negata e la natura entrasse negli ambienti nelle vesti di una massa unica, di un'alternativa al limite murario muto. Come un invito, un invito silenzioso e attraente.