Paesaggio, tradizione e produzione sono il leitmotif della Cantina Bulgari di Massimo Alvisi e Junko Kirimoto a Palazzone, San Casciano dei Bagni. In questo progetto, in cui lo spazio del lavoro si unisce simbioticamente al territorio che lo ospita, lo studio di architettura esplora la dimensione vinicola attraverso una raffinata ricerca compositiva e materica.
La cantina Podernuovo a Palazzone, San Casciano dei Bagni, si inserisce coerentemente nel paesaggio, con un progetto che intreccia in maniera complessa tre fili narrativi differenti: il legame con la tradizione del luogo, con il tempo passato, presente e futuro; la riflessione sul lavoro e sui suoi spazi di produzione; e la dialettica tra costruito e natura.
La tradizione del luogo
Proprio il tema del legame con la tradizione si fa motore del progetto dello studio di architettura di Massimo Alvisi e Junko Kirimoto, quando, insieme a Giovanni Bulgari, si immergono nell’esplorazione del paesaggio collinare senese alla ricerca del luogo perfetto in cui la produzione vinicola sarebbe stata esaltata al meglio. Tra i progetti del film con Alvisi Kirimoto + Partners, la cantina Bulgari riflette il connubio tra storia locale e innovazione, tra passato, presente e futuro, tra ieri e oggi. Un connubio che vede nella progettazione e successiva realizzazione della cantina un’occasione per cristallizzare il tempo, per fermarlo e reinterpretarlo a partire da ciò che quel luogo ha sempre saputo raccontare. Un connubio in cui l’azione progettuale non avviene in maniera autonoma ed indipendente rispetto al contesto, ma che da questo trae forza, assicurando tanto la raffinatezza architettonica e compositiva, quanto la qualità nella degustazione.
Uno spazio produttivo di qualità
Contemporaneamente, la ricerca progettuale filtra il tema della produzione vinicola. La cantina, figlia di una riflessione sul lavoro, si interroga, infatti, sul significato della creazione di un nuovo vino entro un nuovo spazio. In questo senso, il legame con il luogo è significativo per la conformazione del progetto, in quanto l’edificio esplora la dimensione produttiva quasi “incastonandosi” nella terra che la ospita, dando vita ad uno spazio quasi ipogeo entro cui si sviluppa la produzione vinicola.
A partire dalla riflessione sulla dimensione lavorativa, la scelta formale si allinea su una volumetria semplice, in cui regolarità, essenzialità e chiarezza compositiva sono alla base del disegno planimetrico. Questa distribuzione, semplice e pura, rende l’edificio economicamente sostenibile, esattamente come ci si aspetta che sia un oggetto per la produzione industriale. Eppure, lineare, puro e geometrico, il volume nega l’immagine di un edificio industriale, e si configura, invece, come un oggetto raffinato ed audace, capace di relazionarsi coerentemente con il paesaggio circostante.
Il legame con la morfologia del territorio
Seguendo le curve del pendio, l’architettura dialoga con la morfologia del territorio, con il declivio. Il dialogo che instaura è costante, capace di scrivere un nuovo segmento di paesaggio. L’accesso al paesaggio è accentuato continuamente: la natura entra dentro le mura, la collina si impadronisce degli spazi interni e i punti di vista, dall’interno all’esterno, sono evidenziati attraverso l’uso della prospettiva. Il rapporto con il contesto avviene da un punto di vista biunivoco: forma e materiali danno l’idea che questo nuovo oggetto non possa che esistere lì, tra i filari di quelle viti, entro i confini del paesaggio senese. In particolare, la distribuzione lineare degli ambienti è accentuata dalla presenza dei setti in calcestruzzo, i quali segnano con dei tagli netti il terreno in cui si iscrivono. Il cemento armato, trattato faccia a vista, si colora di una pigmentazione simile al cotto senese, dando l’idea che l’intera cantina sia un frammento di cotto, quattro settimi di cotto che fendono il terreno, entrando nel crinale collinare.
Il territorio trova continuità nell’architettura. La purezza funzionale interseca le tracce di un paesaggio produttivo, segnato da una storia agricola e dalle sue radici in questa terra. Una terra che racconta un passato di produzione vinicola, una terra in cui da tempo natura e lavoro convivono simbioticamente attraverso l’architettura.
Per approfondire: https://www.isplora.com/it/Film/architalks-alvisi-kirimoto