All' Arsenale di Venezia la Biennale di Architettura incontra il patrimonio culturale.
All' Arsenale di Venezia la Biennale di Architettura incontra il patrimonio culturale Uno degli eventi conclusivi della 16° Mostra Internazionale di Architettura di Venezia ha posto l’attenzione sul ruolo del ‘Patrimonio’ all'interno del concetto di FREESPACE, il tema scelto per la Biennale dalle curatrici Yvonne Farrell e Shelley McNamara (Grafton Architects). All’incontro “The Freespace of Heritage in a Modern Age”, tenutosi sabato 10 novembre al Teatro alle Tese dell'Arsenale, si sono alternati sul palco Paolo Baratta (Presidente della Biennale), Ricky Burdett e Shelley McNamara, in dialogo con Fasil Giorghis, Elizabeth Hatz, Abha Narain Lambah, Andra Matin, Salvatore Settis e Cino Zucchi. Il Presidente della Biennale Paolo Baratta ha spiegato che «il Meeting mira a riflettere sull’heritage come potenziale elemento costitutivo e qualificante dello spazio urbano e sui vari modi in cui contribuisce o può contribuire a creare Freespace, spazio libero e gratuito. Vari Paesi e varie realtà urbane hanno seguito orientamenti diversi e hanno utilizzato in modo diverso l’opportunità offerta dall’heritage per l’impostazione e la programmazione degli sviluppi dello spazio abitato.». I vari interventi dell’evento hanno così contribuito a formare, o meglio ad affastellare, un quadro eterogeneo raffigurante le possibili interpretazioni e definizioni di patrimonio. Così anche per il tema “freespace” della Biennale molte sono state le traduzioni e i tentativi di incanalarlo in logiche di valorizzazione o di partecipazione. Frammenti, pallidi tentativi di proposta, che mai hanno provato a fare chiarezza sulla complessità del tema, un tema contenente effetti e valori diversi, che non si esauriscono con l’inaugurazione di un edificio o con l’inserimento di un territorio all’interno di etichettature prestigiose, come può essere la lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO (abbiamo parlato dei processi e degli effetti della patrimonializzazione per il caso della candidatura UNESCO di Ivrea). I brevi interventi hanno poi costruito un campionario di interventi e realizzazioni in diverse parti del mondo: India, Etiopia, Indonesia e Italia, che delineano – come sottolineato dal professore di studi urbani alla LSE Ricky Burdett – differenti modi di «fare architettura, fare spazio e fare città», oltre che di analisi. Un rapporto complesso quello tra il progetto di architettura e il patrimonio, spesso conflittuale, in cui emergono regole e confini, dove si sovrappongono volontà politiche e pressioni volte al cambiamento. Processi innovativi e partecipati fanno da contraltare a fallimenti dove viene a meno il concetto di spazio aperto e comune, dove l’identità a volte può essere elemento di unione e in altre fonte di divisione. La mostra ha posto l'accento sul ruolo e sulle diverse interpretazioni del ‘Patrimonio’ all'interno del concetto di FREESPACE Ad emergere dall’incontro è la varietà negli approcci al patrimonio, diversi sono i metodi e i metodi analitici, come sono differenti le culture – e le sensibilità – che soggiacciono dietro ad ogni operazione progettuale. Lungo questa prospettiva bulimica di presentazione di progetti e interpretazioni acquisiscono rilevanza le parole di Salvatore Settis, storico dell’arte, che nel suo intervento dal titolo “Cultural Heritage, Citizenship, Democracy” ripercorre la storia attraversando le città e l’arte per affermare che «servono regole per creare spazio davvero libero e pubblico», dove il bonum commune della popolazione abbia la meglio sulla cupiditas del privato, mettendo in luce la natura politica dello spazio urbano come relazione fra cittadini e la loro città. Nelle parole di Settis emergono sia gli elementi che vanno contro all’uso comune e libero dello spazio urbano: la verticalità, lo sprawl e la divisione sociale, sia l’importanza della valorizzazione e la tutela del patrimonio culturale. Patrimonio culturale che è al centro del tema dell’anno europeo 2018, identificando l’ambito d’azione prioritario per l’Unione Europea. L’obiettivo è quello di incoraggiare il maggior numero di persone a scoprire e lasciarsi coinvolgere dal patrimonio culturale dell'Europa, rafforzando il senso di appartenenza a un comune spazio europeo. Molte le attività e gli eventi che sono state proposti. Così come sono stati ingenti i finanziamenti per i progetti culturali al fine di mettere in luce e promuovere le diverse forme del patrimonio culturale: tangibile, intangibile, naturale e digitale. Una “sensibilizzazione” verso una questione che rappresenta una parte consistente dell’economia, basti pensare che in Italia – numeri della Fondazione Symbola – la filiera culturale vale 260 miliardi nel suo complesso e 30 miliardi per il solo turismo culturale. Emerge così la necessità di tutelare il patrimonio, prendendosi cura del bene comune e costruendo, a partire da questo, nuove strategie e visioni per il futuro.