Tre nuove mostre animeranno da dicembre gli spazi del Museo delle Arti del XXI secolo.
Dal 7 dicembre tre nuove mostre hanno aperto i battenti al MAXXI di Roma: “Dentro la Strada Novissima”, “La strada. Dove si crea il mondo” e “Michele De Lucchi. L’anello mancante”. Le tre esposizioni accompagneranno i visitatori per tutte le vacanze natalizie fino ai primi mesi del 2019, unendosi alle mostre aperte in autunno che raccontano la ricerca fotografica di Paolo Pellegrin, la prima personale sul fumettista Zerocalcare e il viaggio immaginifico di “Low Form” che mette in scena immaginari e visioni degli artisti contemporanei nell’era dell’intelligenza artificiale.
Le tre nuove esposizioni del MAXXI hanno come filo conduttore la strada, luogo della sperimentazione compositiva e programmatica
La strada è al centro anche dell’esposizione “Dentro la Strada Novissima” curata da Paolo Portoghesi dove viene ripercorsa, attraverso documenti d’archivio, fotografie, disegni di progetto e testimonianze dirette, la prima mostra internazionale di Architettura della Biennale di Venezia il 27 luglio del 1980. Portoghesi venne chiamato nel 1978 a dirigere la sezione di architettura della Biennale e nel 1980 venne nominato curatore della prima mostra di architettura dal titolo “La presenza del passato”.
La Strada Novissima rappresentava innanzitutto la riflessione attorno al tema della Biennale, sul rapporto fra eredità architettonica e avanguardia, un lavoro collettivo dove «l’intenzione era quella di riabilitare la strada tradizionale, la “strada corridoio” [..] specchio della vita, il luogo dell’incontro, del passeggio, il paradiso del flaneur», come affermato dallo stesso Portoghesi. La strada, in particolare quella urbana, veniva sviluppata attraverso un percorso di 70 metri, dieci facciate di case per lato, a grandezza naturale, progettate da altrettanti architetti tra cui Ricardo Bofill, Frank O. Gehry, Michael Graves, Arata Isozaki, Léon Krier, Rem Koolhaas, Hans Hollein, Charles Moore, Franco Purini, Oswald Mathias Ungers, Robert Venturi e Denise Scott-Brown.
Ciascun architetto era chiamato a immaginare una facciata a grandezza naturale, alta 9 metri e larga 7, al fine di costituire nello spazio delle Corderie una pezzo di città. Il risultato furono venti facciate molto diverse, ognuna delle quali era sia l’espressione del proprio autore che l’esplorazione della relazione tra storia e contemporaneità, nel superamento definitivamente i dogmi funzionalisti del Movimento Moderno.
Oggi, dentro le mura del MAXXI, è lo stesso Portoghesi a percorrere le tappe di quell’esposizione, a quasi quarant’anni dalla sua realizzazione, mettendo in luce i riferimenti (su tutti la Strada Nuova di Genova), le tensioni dell’intero processo, dal concepimento alla realizzazione. Volendo chiudere, utilizzando le parole del curatore, «la Strada Novissima, in mezzo ai boati dei carissimi nemici (Zevi, Gregotti, Tafuri e via dicendo) prese il largo felicemente».
Se per Portoghesi e per il suo lavoro la strada era anche un espediente narrativo per raccontare l’architettura e il suo cambio di rotta, nella mostra “La strada. Dove si crea il mondo” diventa un luogo di condivisione e innovazione, la ricomposizione di un racconto complesso, multiculturale, stimolante e a tratti assordante delle strade di tutto il mondo, il vero grande laboratorio di discussione, creazione, confronto, dove si inventa l’era contemporanea. Nell’allestimento curato da Hou Hanru e dal team del MAXXI una successione di opere d’arte, progetti di architettura, fotografie, performance, interventi site specific e video accolgono il visitatore e lo guidano lungo un percorso di decine di metri fra i diversi livelli e spazi del MAXXI.
Un dedalo dove emergono i diversi temi legati alla strada e alla sua lettura odierna: le azioni pubbliche, la vita quotidiana, la politica, la comunità, l’innovazione, il ruolo dell’istituzione. Ad emergere sono soprattutto le nuove funzioni e le identità della strada contemporanea, un territorio politico e creativo, uno scenario in continua mutazione dove si possono individuare elementi di connessione ma anche di rottura rispetto al passato.
Attraverso 7 sezioni: mapping, interventions, street politics, everyday life, good design, community e open institutions, si indagano le origini e le evoluzioni del concetto di strada, l’esplorazione artistica della e nella strada, i fenomeni politici che implicano la “discesa in strada” e allo stesso tempo la parte più “quotidiana” della vita in strada, le nuove soluzioni e le diverse scale del design, i temi legati all’identità e della comunità tipici dello spazio pubblico, fino alla nuova idea di museo-strada, con tutte le contraddizioni e le discussioni ancora aperte.
Un’installazione a tratti spaesante, provocatoria, difforme che apre a nuove chiavi di lettura e riflessioni che si “scontrano” con l’installazione ambientale ideata dall’architetto e designer Michele De Lucchi. Infatti, sono assai diverse le ambizioni e i significati della terza mostra inaugurata ad inizio dicembre al MAXXI, a cura di Margherita Guccione e Pippo Ciorra, dal titolo “Michele De Lucchi. L’anello mancante”. L’Anello Mancante racconta un aspetto intimo, quasi provato, dell’autore nel suo personale confronto con l’architettura del museo romano ideato da Zaha Hadid. L’architetto ospite, protagonista della sesta edizione del ciclo di mostre monografiche Nature, ha scelto di rappresentarsi – ripercorrendo la sua storia progettuale e la sua ricerca più attuale – attraverso un elemento scultoreo che si pone in una dimensione intermedia tra l’oggetto e l’edificio. La costruzione, rivestita con scandole bianche in pietra acrilica, è un corridoio percorribile che con la sua forma e composizione genera piccole aperture lungo i lati e una fessura continua verso l’alto, verso l’architettura del museo.
L’Anello Mancante è un tunnel che parte da un punto e che, piegandosi, torna al punto di partenza. Un “mezzo anello” che ci parla tanto dell’immaginario concettuale dell’autore quanto della sua pratica costruttiva, ma soprattutto apre all’idea di un tassello da trovare. De Lucchi parla di un “valore emozionale”: «nel mio mondo, che è il mondo degli oggetti e degli spazi, si cerca l’anello mancante che definisce la relazione speciale degli uomini con gli oggetti e gli spazi, che nessun altro animale ha.».
Una trasformazione, l’evoluzione umana che lungo il tempo ha seguito un percorso, una strada, per arrivare sino a noi e ai nostri giorni. Diverse sono le strade, dunque, e differenti sono i temi, le interpretazioni e le letture che si possono individuare. Così, dopo aver attraversato ed esplorato le tre esposizioni del MAXXI torna alla mente il celebre detto latino: Omnes viae Romam ducunt, ovvero “tutte le strade portano a Roma” e in questo caso al MAXXI.