Italiani all’estero: intervista allo studio Q&A a Shanghai - ISPLORA
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Italiani all’estero: lo studio Q&A a Shanghai

Architetti

Riferimenti, contrasti e materia prendono forma ed esplorano la Cina urbana.

Abbiamo incontrato negli scorsi giorni a Torino l’architetto Michele Armando, fondatore insieme a Gianmaria Quarta di Q&A Architecture Design Research con sede a Shanghai. Lo studio Q&A lavora attraverso diverse discipline cercando sempre risposte innovative e originali alle domande proprie del progetto di architettura. Risposte sempre specifiche, legate al contesto in cui si collocano, radicate e immerse nel contesto urbano cinese ma portatrici di un’idea e di un’atmosfera “mediterranea”, una matrice latina che trova origine nella formazione e nelle radici italiane dei due fondatori. Proprio questo, il rapporto fra l’attività progettuale dello studio Q&A con lo spazio della Cina urbana, è uno dei tanti temi interessanti che abbiamo voluto esplorare nella chiacchierata con l’architetto Michele Armando.

Innanzitutto dovremmo partire dalle origini, quali sono le motivazioni del vostro viaggio lungo la via della seta che vi ha portato sino in Cina? Quale contesto avete incontrato? Come è nato il vostro studio?

Le principali forze ad averci spinto in Cina sono state senza dubbio l’impazienza e il desiderio di mettersi in gioco. La voglia di vedere realizzate le nostre idee il prima possibile ci ha portati a scommettere su un paese che ha la nostra stessa impazienza di crescere e cambiare. Qui siamo stati da subito presi in alta considerazione nei rispettivi studi dove lavoravamo, al nostro arrivo e ci è stato messo a disposizione da subito un team per sviluppare progetti in quasi totale libertà.



Questo chiaramente porta anche a delle grandi responsabilità che a volte sembravano più grandi delle nostre capacità, ma superando le diverse vicissitudini, imparando i pro e i contro di questa millenaria e unica cultura siamo riusciti a sostenerci sulle nostre gambe e pensare di fare il grande passo dell’aprire il nostro studio. Il primo progetto che ci è stato affidato è proprio quello che ci ha dato il coraggio di metterci in proprio e iniziare. Si tratta del ristorante Saltimbocca situato nella città di Wuhan. Il cliente ha creduto da subito in noi, nelle nostre idee e ha attivamente partecipato al nostro processo di progettazione, dandoci anche la possibilità di creare un nostro linguaggio sia a livello del progetto architettonico che del processo.

Mentre sviluppavamo questo concept ci sono capitate altre interessanti occasioni progettuali, in primis il bar brasiliano Barraco che ha avuto una buona eco in Shanghai e fuori. Da qui le altre collaborazioni soprattutto nel campo del Food & Beverage, uffici e Space Concept per eventi temporanei legati al mondo della moda. In contemporanea si sono sviluppate delle opportunità nell’ambito dell’insegnamento che ci hanno dato la possibilità di organizzare workshop e lezioni per studenti e appassionati di architettura a Shanghai, Chengdu e Qingdao.



Un percorso di crescita fatto di piccole mosse dove tutti i vostri progetti sembrano raccontare molte storie, mettendo in scena soluzioni progettuali sempre diverse, dimostrando una padronanza del linguaggio architettonico e dei materiali costruttivi. A questo proposito quali sono gli obiettivi e il metodo che stanno dietro al vostro lavoro?

Nonostante i risultati dei nostri progetti possano sembrare “eclettici” e di difficile coesione tra loro hanno tutti un grande elemento in comune: il processo. Nella nostra breve esperienza abbiamo delineato una sorta di percorso creativo guidato al quale il cliente viene costantemente coinvolto e tramite incontri calendarizzati arriviamo insieme ad un risultato positivo per tutte le parti e in tempistiche relativamente ridotte (tema molto importante in Cina). Il primo input arriva sempre chiaramente dal cliente e il nostro compito di conseguenza è quello di guidare, ordinare (o disordinare), amplificare le sue idee ed ottenere il miglior risultato possibile.

Prendiamo il caso di Barraco: il cliente ci aveva chiesto di ricreare l’atmosfera di una favela brasiliana, con simili materiali e colori, ma il nostro fondato timore era che la clientela cinese potesse interpretarlo semplicemente come un luogo abbandonato e disordinato. Partendo da questo principio abbiamo cercato di portare tutto ciò che rappresenta una situazione informale – tipica della favela – a livello di controsoffitto mentre a terra, al contrario, l’ambiente si definisce come un elegante bar sulla spiaggia. I due contrasti convivono armoniosamente soddisfacendo sia le richieste del committente che i desideri dei suoi clienti.

Storia simile per il wine bar Tre Vin, qui i proprietari desideravano ricreare un ambiente mediterraneo con esplicite citazioni alla tradizione e alla cultura italiana, spagnola o greca. La nostra operazione è stata quella di inserire diversi riferimenti in maniera velata: la pavimentazione in cocci rotti che ricorda le pavimentazioni della costa spagnola, le lampade in pietra lavica che richiamano i vulcani del Sud Italia, il marmo turco, le pareti per l’esposizione del vino disegnate da semicilindri che rimandano alle colonne ioniche della Grecia antica.



Contrasti, riferimenti più o meno espliciti che ci riportano alla vostra formazione avvenuta in Italia. A questo proposito che cosa vi siete portati dietro della tradizione italiana? Esiste una sorta di “italianità”, un modo di fare progetti esportabile e riconosciuto al di fuori del nostro Paese?

E’ piuttosto difficile ormai legare un’appartenenza geografica a uno stile architettonico in particolare, soprattutto nel campo dell’interior design. Ciò che sicuramente ci portiamo dietro dalla formazione italiana, e qui è particolarmente apprezzato, è un modo di affrontare i progetti e risolvere problemi tecnici in maniera creativa, attraverso idee e visioni nuove. Prendiamo per esempio il progetto di Saltimbocca dove le ventilazioni delle cucine erano senz’altro un problema tecnico ed estetico di particolare importanza: invece di cercare di nasconderle goffamente le abbiamo accentuate facendole diventare delle enormi lampade, collegamenti visivi tra i diversi piani. In questo modo abbiamo preso una “debolezza” del progetto per trasformarla nell’elemento più significativo.   



Cosa, invece, vi ha insegnato la vostra esperienza lavorativa a Shanghai? Quale è il ruolo dell’architetto in Cina? E il rapporto con il cliente?

Non basterebbero cento definizioni per raccontarla. Se da un lato questo può senz’altro essere spiazzante in un primo momento, dall’altro il doversi confrontare con un ambiente lavorativo estremamente dinamico e veloce ci ha costretti a liberarci di tante inibizioni ereditate nel corso degli anni. Se da un lato l’università italiana fornisce una solida base di conoscenza tecnica e teorica, troviamo che vi sia ancora parecchia rigidità nel modo di intendere l’innovazione.

Il ruolo dell’architetto, in Cina ma anche in Italia, è sempre più debole in quanto autore di spazi fatti e finiti, il che non è necessariamente un male. Personalmente ogni nuovo lavoro segna l’inizio di un rapporto di scambio intellettuale con cliente, consulenti e collaboratori che per quanto talvolta possa diventare caotico continua ad infondere un’energia sempre unica ed indispensabile al processo creativo.

Oggi vi potremmo considerare alla stregua di migranti di successo del mondo dell’architettura italiana, avete dei consigli per altri professionisti come voi?

La famosa esperienza all’estero può essere utile ma di per sé non è affatto garanzia di successo. Quel che conta è la voglia di fare e la passione per il proprio lavoro, quella o c’è o non c’è. La Cina ci ha senz’altro insegnato ad essere un po’ incoscienti, quindi il consiglio per quanto ovvio è quello di non aver paura a buttarsi nella mischia ovunque ci si trovi, d’altronde che “sbagliando si impara” … (ride) ce lo insegnavano anche le nostre nonne.  

PROGETTI Realizzati: Barraco - Shanghai / 2017 Tre Vin - Shanghai / 2018 Saltimbocca - Wuhan / Cina / 2018 Greencode - Shanghai Fashion Week 2017

In cantiere: Gelateria Allora – Shanghai LA Prime – Shenyang Barefoot Photo Studio - Shanghai  



FOTO Q&A – Quarta & Armando Architecture Design Research http://www.qaadr.com/


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