Nel mondo dei Big Data, tra robot che analizzano il microbioma e studiano lo stato di salute urbana delle città e sensori che tengono traccia del percorso della filiera dello smaltimento dei rifiuti per ottimizzarne l’organizzazione, Carlo Ratti racconta l’esperienza tra il suo studio Carlo Ratti Associati (CRA) a Torino ed il centro di ricerca del Senseable City lab al Massachusetts Institute of Technology (MIT) a Boston.
La distanza tra realtà digitale e realtà materiale è, oggi più di prima, una condizione apparente. Al contrario, le due dimensioni si intersecano in prodotti tangibili influenzandosi vicendevolmente. Questi prodotti, risultati di un’intensa osservazione di un campione di dati coerente, permettono al progetto di esplorare la sfera sperimentale del “fare architettura”. Quella che Carlo Ratti definisce “speculative architecture” – architettura sperimentale – è una dimensione del progetto in cui il fulcro di partenza non appartiene alla realtà tangibile, ma al contrario si focalizza su quell’insieme di dati che plasmano e modellano lo spazio fisico in maniera invisibile, seppur con conseguenze materiali.
Se la “rete” è in grado di modificare il modo in cui l’essere umano vive e percepisce lo spazio che lo circonda, anche l’architettura dovrebbe, parallelamente, riuscire ad adattarsi a questa nuova dimensione, aprendosi al dibattito contemporaneo, oltre che a nuove discipline apparentemente slegate. Ibridando i saperi in ottica trasversale, il design – nella concezione anglosassone di progettazione – dovrebbe porsi l’obiettivo di integrare in sé processi collaborativi e partecipati; sistemi inclusivi e capaci di accogliere e valorizzare i diversi elementi di interazione tra uomo e architettura, tra uomo e città.
Underworlds e Trash Track: la dimensione sperimentale del progetto
Con il progetto per “Underworlds”, ad esempio, il lavoro del Senseable City Lab integra le conoscenze di un team multidisciplinare che affianca all’architettura importanti competenze nella ricerca biologica approfondendo lo studio sul microbioma umano. Parallelamente, partendo dall’osservazione di virus e batteri all’interno del sistema fognario della città, Underworlds riesce a fornire una mappatura fedele delle condizioni igienico-sanitarie degli spazi urbani, contribuendo a reperire dati fondamentali per l’organizzazione, la risistemazione spaziale della rete di drenaggio e il monitoraggio della salute urbana finora irraggiungibili.
Accanto ad Underworlds, “Trash Track”
“Perché sappiamo così tanto sulla catena di approvvigionamento delle materie e così poco su quella del loro smaltimento?” è la domanda che tenta di unire nuovamente l’esperienza di collezione dati all’impulso progettuale.
Immaginiamo di poter usare smart tags per seguire dove finisce la nostra spazzatura… Potremmo rivelare quali sono le destinazioni finali dei nostri oggetti d’uso quotidiano ed avere una consapevolezza maggiore verso pratiche sostenibili
Dati e sensori, infatti, sono alla base del progetto che traccia i percorsi dei rifiuti a partire da un campione di 500 persone a Seattle grazie all’uso del Trash Tag Ver 3.0, un piccolo sensore che, già nel 2009 – e per la prima volta al mondo – è in grado di segnalare, attraverso un sistema simile al GPS, la posizione dell’oggetto cui è abbinato e comunicarla al possessore, il quale può, quindi, avere una visione integrale di come e dove viene smaltito il proprio prodotto.
In questo senso, non solo si acquisisce una consapevolezza più ampia e precisa del processo di smaltimento dei rifiuti, ma si ottiene una maggiore sensibilizzazione sociale a riguardo, oltre ad importantissime informazioni che potrebbero essere utili a migliorare l’organizzazione e la progettazione della stessa filiera di raccolta ed eliminazione.
Il dato digitale, quindi, si conforma come punto di partenza per comprendere non solo la società, ma anche la città e le interazioni tra queste. L’operazione di crowdsourcing è oggi imprescindibile: la progettazione è sempre un esercizio corale che sviluppa le proprie radici nella raccolta dati. Una raccolta consapevole e innovativa.
Per Carlo Ratti, il termine “architettura”, oggi, significa proprio questo: dare spazio alle nuove dimensioni del mondo che circondano l’essere umano e capire come trasformarle, in modo corale, attraverso discipline diverse e complementari e, soprattutto, unendo al processo progettuale il pensiero degli utenti finali.
Se la vogliamo chiamare architettura, ingegneria, design, il nome non importa: si tratta più di progettazione come lifestyle, come modo di vivere
Per approfondire: ArchiTALKS Carlo Ratti