Schiattarella Associati: l'ArchiTALKS di Isplora - ISPLORA
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ArchiTALKS #12: Schiattarella Associati

Architetti

L’architetto come interprete, mediatore tra la necessità di trasformazione fisica del territorio e l'interesse collettivo.

L’ultimo ArchiTALKS di Isplora prende forma a Roma, nel cuore del quartiere Coppedè – dal nome del suo progettista – in uno studio che si affaccia sulla Fontana delle Rane e sul Villino delle Fate. Qui ha sede lo studio Schiattarella Associati, protagonista di un nuovo racconto attraverso le pieghe del progetto e della professione di architetto

Lungo il percorso tracciato da Amedeo, Andrea e Paola Schiattarella e dai loro collaboratori ad emergere è un processo corale e al tempo stesso di forte internazionalizzazione dello studio, l’apertura a nuovi mercati e territori, il lavoro sui concorsi e un diverso rapporto con il cliente, con gli strumenti della professione e con il contesto.



Al centro della proposta dallo studio Schiattarella Associati vi sono la ricerca di “identità” e l’idea di “un’architettura fatta per un luogo”, interpretare l’unicità di un pezzo di territorio attraverso il progetto

Con un atto di profondo rispetto, abbiamo scelto di ripartire dalle radici culturali locali, lavorando sul valore delle differenze e studiando così materie, organizzazione spaziale, articolazione volumetrica, complessità geometriche proprie dei paesi dove lavoriamo. Questo metodo non cerca soluzioni linguistiche storicizzate, ma una dimensione architettonica tutta contemporanea ma alternativa a quella espressa dalla globalizzazione.

Un percorso che muove dalla continua crescita dello studio, un proficuo dialogo generazionale fra riferimenti e sensibilità diverse. 

L’apporto di due generazioni differenti conferisce grande vivacità e ricchezza al lavoro dello studio. Ogni progetto è sempre terreno di confronto tra diversi punti di vista: vi è una grande partecipazione di tutto il team al progetto, frutto di uno sforzo corale da parte di tutto il gruppo di lavoro. Per noi è molto importante la ricerca della condivisione interna del metodo e della cultura dello studio, ma è anche importante riuscire a moltiplicare le occasioni di crescita organica di tutto il nostro team.

Da questo amalgama appare evidente il “senso della responsabilità sociale dell’architetto”, l’impegno professionale che è anche impegno civile all’interno di un approccio all’architettura sperimentale e libero da costrizioni. Un modus operandi che affronta tutti gli aspetti della complessità del progetto attraverso la consapevolezza del ruolo del professionista e per mezzo di un costante tentativo di controllo dello “spazio vuoto” che si traduce in un linguaggio consapevole, dove i segni essenziali ambiscono a riconnettersi con le radici del luogo, dialogando con la materia e con la luce.

La nostra attenzione si punta sul vuoto, non sul pieno: in qualche modo noi cerchiamo di plasmare un materiale difficile da controllare, perché il vuoto è fluido, sfugge e quindi bisogna in qualche modo costruire delle quinte che lo contengano, che gli diano forma e in qualche modo diano un senso a quello che noi stiamo cercando, perché è nello spazio vuoto che l'uomo si muove e si comporta e noi vogliamo proprio costruire spazi idonei all'attività umana. [...] Le pareti e i solai sono delle quinte, sono dei diaframmi tra uno spazio vuoto e un altro; in questa spazialità così complessa [...] l'intervento della luce naturale è uno strumento esplosivo perché naturalmente la luce che penetra nel vuoto segna e sottolinea lo spazio facendolo continuamente cambiare, e quindi arricchisce il senso dell'architettura di infinite possibilità; entra nel profondo in qualche modo, scivola sulle pareti lisce, si ferma sui muri, oppure vibra lungo le pieghe di pareti zigrinate.

Un iter che è in realtà una metodologia ben precisa, fondata sull’intenzionamento del progetto e su un processo “probabilistico”, che procede per continue approssimazioni, senza elementi predefiniti.



All’interno di questa traiettoria i diversi progetti dello studio Schiattarella Associati costituiscono al tempo stesso l’ossatura della pratica e lo spazio di sperimentazione sia compositivo che metodologico: dall'Addiriyah Art Center di Riad al MoMRA (Ministry of Municipalities and Rural Affairs), fino ai lavori per la Escuela Española de Historia y Arqueología a Roma o per il waterfront di La Spezia. Spazi ed edifici dalla natura “pubblica”, come nel caso della piazza a Vacone in Provincia di Rieti, che ascoltano il paesaggio e i bisogni dell’utenza. 

Infine, l’ArchiTALKS si conclude con le prospettive future della professione, affrontando le tematiche dell’ambiente e dell’internazionalizzazione vengono evidenziati alcuni aspetti e fasi del lavoro che vanno nella direzione di un processo sempre più “corale”.

Cresce soprattutto in noi la consapevolezza della necessità di un diverso modo di approcciare la progettazione all'estero: in Medio Oriente sono infatti in atto incredibili processi di urbanizzazione che seguono modelli totalmente estranei alle culture locali. Questi processi stanno letteralmente spazzando via ogni forma di diversità, appiattendo le differenze culturali, omologando skyline e paesaggi urbani: siamo di fronte a una vera e propria emergenza culturale di perdita di una sorta di biodiversità architettonica ed urbana. [...] Questi elementi non appartengono né al passato, né al presente, né al futuro, sono valori di una comunità, spunti su cui tracciare i segni dell'architettura contemporanea, andando incontro al futuro partendo dalle radici del luogo.



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